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Origini e prime avventure
I lunghi travagli federali
Il progetto di dare vita a un organismo nazionale, che riunisse
tutti i circoli italiani e ne coordinasse le attività,
si era affacciato fin dal 1874, a Roma. I modelli erano gli
Stati Uniti e la Gran Bretagna, che già disponevano di
una Federazione nazionale. Ma in Italia, perché si arrivasse
a un approdo definitivo, ci vollero quasi quarantanni.
Vedute diverse, interessi contrastanti, animosità regionali
riempirono le cronache scacchistiche del periodo, fra provvisorie
unioni e indispettite separazioni.
Tra i molti promotori delle molte iniziative non mancò
il Circolo scacchistico torinese. Segnatamente attivo si mostrò
Vittorio Podio, esponente di prestigio del circolo. Si giunse
a costituire una apposita commissione, che sembra non tralasciò
nulla per raggiungere lobiettivo di fondare una Associazione
scacchistica italiana. A questo proposito nel 1890
la Nuova rivista degli scacchi pubblicò quella
che ha laria di una disarmata perorazione: La
Commissione (
) ha lavorato assiduamente per la compilazione
dello statuto e per la diramazione delle circolari e schede
di adesione. Da tutto principio da ogni città italiana,
da ogni centro di giocatori di scacchi giunsero adesioni, ma
poi si notò un certo rilassamento che arrestò
la formazione dellAssociazione. (
). Crediamo
opportuno rammentare che sono soci fondatori e perpetui i benemeriti
che pagheranno una volta tanto una somma non minore di lire
100, che sono soci perpetui coloro che pagheranno una volta
tanto lire 50 e che sono soci ordinari coloro che pagano annualmente
lire 3. Basta mandare la propria adesione, anche per cartolina,
ed in seguito il pagamento della quota, al Comitato dellAssociazione
Scacchistica Italiana, via Ospedale 12, Torino.
Lappello non trovò, evidentemente, il seguito sperato,
se è vero che due anni dopo, ancora a Torino in occasione
del citato congresso nazionale nel 1892, la questione venne
posta allordine del giorno: alla fine prevalse la proposta
milanese, che intendeva federare le singole associazioni regionali,
per la verità ancora tutte da costituire. Si raccolsero
anche le adesioni di tredici circoli, compresi tutti i più
importanti, e compreso il Circolo torinese. Ma le lungaggini
procedurali risultarono talmente estenuanti che il progetto
milanese venne preso in contropiede, sei anni più tardi,
da una iniziativa-lampo dellAccademia Romana: detto fatto,
venne costituita lUsi, Unione scacchistica italiana, alla
quale aderirono i circoli di otto città, e di Torino
fra quelle.
LUsi resse tredici anni: si era dotata di una rivista
e riuscì a organizzare cinque tornei nazionali. Non molto
di più: pagava la mutilazione del mancato accordo con
la Società Scacchistica Milanese, alla quale bruciava
laffronto, e con i circoli ad essa collegati. LUnione
si spense lentamente, fino a non dare più, dal 1911,
segni di vita.
Erano così maturi i tempi per una nuova forma associativa.
Motore delliniziativa fu la neonata rivista di Alfredo
Batori e Stefano Rosselli del Turco, LItalia scacchistica.
Il solenne annuncio di costituzione della Fsi, Federazione scacchistica
italiana, comparve sul giornale nel gennaio
1913. Le Società fondatrici erano, questa volta,
undici: la Società Scacchistica Torinese, che come si
vede non mancava un solo appuntamento, e i circoli di Milano,
Varese, Verona, Firenze, Bologna, Viareggio, Este, Terni, Livorno
e Napoli. Nei mesi successivi si procedette ad eleggere il primo
Consiglio federale: 28 membri, cinque dei quali espressi
dalla Sst. Erano Felice Germonio, Vittorio Ivaldi, Benvenuto
Momigliano, Rodolfo Bottarlini e Vittorio Podio. Soprattutto
questultimo ne trasse, pensiamo, una speciale soddisfazione,
visto limpegno con cui si era battuto per tanti anni.
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Torino 1914: brilla la stella di S. Tarrasch
Stefano Rosselli del Turco, promotore della Federazione italiana
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