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Dalla rinascita al boom
Fra i tavoli e il viavai del Caffè Giolito,
dovera planata nel 46, la Società Scacchistica
Torinese visse confortevolmente cinque anni. Nel 51
si trasferì presso la Famija Turineisa, in via Po
43. A fine 52 la ritroviamo in piazzetta degli Angeli,
al Caffè Cavour, dove per la cerimonia di inaugurazione
si disputa il citato incontro a squadre contro il Circolo
Vaio.
Nel 53 si tiene a Torino il Congresso dei problemisti
di scacchi. Non poteva esservi sede più appropriata
della città di residenza di Luigi e Guglielmo Mai.
Ma a Torino lavoravano almeno altri due compositori di vaglia:
luno era Bruno Casacci, che pubblicava e continua
a pubblicare apprezzati problemi, e che più avanti
fu anche presidente della Sst. Laltro era Ernesto
Defourny, ingegnere alla Fiat come Bacchelli: compose 360
problemi, in gran parte in due mosse, e curò per
lunghissimi anni una rubrica problemistica sui periodici
aziendali, Bianco e rosso Fiat prima, Illustrato
Fiat poi. Morì nel 1967, alletà
di 82 anni. Il novero dei compositori torinesi fu poi arricchito,
molti anni più tardi, anche da Giuseppe Ponzetto,
autore di pregevoli studi e di originali tasks.
Alle elezioni del 55, con la rinnovata presidenza
Mai,
fu nominato segretario Alfredo Perelli. Rimase in quella
carica per più di un ventennio, attraversando tutte
le peripezie sociali degli anni 60. Professore di
Lettere, Perelli fu la generosa anima del circolo: collaboratore
insostituibile di tutti i suoi presidenti, affrontava e
risolveva i grandi e minuti problemi della vita associata.
Prima della morte nel 1982, ebbe il meritato riconoscimento
della presidenza onoraria. A Perelli la Sst intitolò
il grande salone da torneo, nelle sedi di via Galliari e
di via Goito.
Nel 57 un nuovo trasferimento: orologi e scacchiere
vanno ad abitare in via Corte dAppello 3, al Bar Piemonte.
Non vi si tratterranno molto: nel 59 la Sst è
già in via Maria Vittoria, al Circolo dei Viaggiatori.
Nelle belle sale, il sabato e la domenica si riuniva per
danze e feste la piccola comunità dei rappresentanti
di commercio, e gli altri giorni della settimana si accampavano
i più misurati scacchisti. Una coabitazione di breve
durata: negli anni seguenti la Sst è già al
Bar Roma in piazza Solferino, quindi al Circolo Arci di
via Cernaia. Le peregrinazioni si arrestano a quello che
sarà lapprodo stabile fino al 1971: il Bar
Castello in via Po, proprio dirimpetto allodierno
Caffè Florio. Si trattava di un posto tranquillo,
almeno al piano terra, dove si accoglieva lordinaria
clientela. Il piano superiore era invece riservato agli
scacchisti: due-tre salette minuscole, perennemente sature
del fumo delle sigarette. Si versava una piccola pigione
annuale e la sede era a costante disposizione, il pomeriggio
per il gioco amichevole, la sera per i tornei ufficiali.
Alla fine degli anni 50 la Fsi indice lannuale
Campionato
dei giovani, per giocatori fino ai 23 anni. La quarta
edizione, nel 62, viene organizzata dalla Sst, con
belle prestazioni dei torinesi Minarelli e Manzardo, terzo
e quarto. Il quotidiano Tuttosport segue giorno
per giorno la settimana di gare. Nel 65 la settima
edizione torna a Torino, arbitrata da Luigi Mai. Vince un
fiorentino diciannovenne, il CM Sergio Mariotti, un giocatore
che commenta profeticamente LItalia scacchistica
farà certamente parlare di sè.
Quinto, e primo dei torinesi, Cesare Vacca.
Frattanto, nel 1961 era morto, alletà di 77
anni, Vittorio Ivaldi.
Lultimo dei soci fondatori aveva vissuto alla Sst
la bellezza di 51 anni. Due volte presidente, poi presidente
onorario, direttore tecnico, quasi sempre consigliere, divenne
anche consigliere e poi vice presidente della Federazione
italiana. Era nato a Villanova Mondovì, era stato
avvocato e poi ispettore delle Ferrovie. Buon giocatore
a tavolino e per corrispondenza, Ivaldi è pienamente
appartenuto si può ben dire alla storia
degli scacchi italiani del Novecento.
Nel 62 termina la lunga presidenza di Luigi Mai. Segue
una dozzina danni di transizione, durante i quali
si alternano ben cinque nuovi presidenti. Il primo è
Bruno Casacci, il problemista. Gli succede Armando Silli,
che già abbiamo incontrato. Era triestino, ma nato
a Livorno nel 1917. Monumentale nel fisico, debordante nella
personalità. Come giocatore aveva raggiunto, una
sigaretta dopo laltra, la finale del Campionato italiano
nel 59 e 61. Ma era soprattutto un fervente
cultore del gioco per corrispondenza, tanto da diventare,
nel 69, presidente nazionale dellAsigc (per
le vicende del telegioco, rimandiamo al quinto capitolo).
Medico dentista, i suoi pazienti in tutti i sensi
raccontavano che il suo studio era dotato di una
ventina di scacchiere dispiegate, sulle quali erano riprodotte
le posizioni delle partite per corrispondenza che aveva
in corso.
A Silli seguirono i presidenti Mario Viecca e Michele Aprà,
ambedue commercianti, e infine il professore Bruno Minetti,
ordinario alla Facoltà di Fisica. Si attendeva una
nuova duratura soluzione, che sarebbe giunta solo nel 1973.
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MANZARDO -
CAPPELLO
Finale Campionato
italiano 1971
1.e4 e5 2.d4 ed4 3.c3 d5 4.ed5 Dd5 5.cd4 Cc6 6.Cf3 Ag4 7.Ae2 Cf6
8.Cc3 Da5 9.a3 000 10.Ae3 Ad6 11.b4 Dh5 12.Da4 The8
13.b5 Cb8 14.Tc1 Te3 15.fe3 Dh6 16.b6 Ad7 17.ba7 Aa4 18.Ca4 Ag3
19.hg3 Dh1 20.Af1 Td6 21.Cc5 Dh6 22.Tc3 Cd5 23.a8D Tb6 24.Ca6 Tb1
25.Rf2 ba6 26.Dd5 Db6 27.Ad3 Tb2 28.Tc2 Tc2 29.Ac2 Db2 30.Db3 10
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