Fra le due guerre

Gli scacchi al Dopolavoro

Sugli anni che seguirono le notizie si fanno più frammentarie e scarne. A poco a poco, sembra scendere una coltre nebbiosa sulla Torino scacchistica. I campioni sono altrove, e la stessa progressiva fascistizzazione degli scacchi contribuisce a deprimere le attività.
Nel 1928 la Fsi fu d’ufficio ribattezzata Asi, Associazione scacchistica italiana, e affiliata a un Coni strettamente controllato dal regime. Organo dell’Asi divenne “Il Littoriale”, rivista sportiva fascista. Nel 1934 il Partito dispose il trasferimento dell’Asi all’Ond, l’Opera nazionale Dopolavoro. In tutte le regioni e le città i circoli di scacchi venivano così inseriti nel circuito dopolavoristico: in base alle direttive si decisero i nuovi nomi delle Società, le nuove sedi, i nuovi organismi dirigenti.
Risulta così assai arduo ricostruire il percorso della nostra Sst. Dall’”Italia scacchistica”, che aveva molto ridotto il notiziario locale, risulta che nel 1928 “in base alle nuove disposizioni, non essendo pervenute proposte di variazione da parte dell’Ente Provinciale Sportivo Fascista”, veniva convalidata la nomina a presidente della Sst del cavaliere avvocato Vittorio Ivaldi. Quattro anni dopo, si suppone con analoghe procedure, sale alla presidenza il commendatore ingegnere Enrico Zampiri. Nel ’34 si ha notizia di un cambiamento di sede: la Sst viene domiciliata alla Galleria Nazionale, in via Roma 28.
Dopo di che, scende il buio. Il passaggio alla Ond segna la temporanea soppressione della Società Scacchistica Torinese. I soci, e i migliori giocatori, si sparpagliano nei meandri dei grandi e piccoli Dopolavori: il Dopolavoro Centrale, Ferroviario, Paracchi, Combattenti, Provinciale, Professionisti e Artisti, Venchi Unica, Michelin, Rasetti, Casse di Risparmio, AEM, Tramvie Municipali.
Vengono istituiti i campionati individuali della provincia, che mettono a confronto i portacolori di ciascun Dopolavoro. Si affermano così nuovi scacchisti: campione provinciale nel ’36 è Mario Nuovo, del Dopolavoro Centrale. Nel ’37 Luigi Mai, che conosceremo più da vicino nel dopoguerra. Secondo è Francesco Sales (Dop. Paracchi), che nello stesso anno vince il campionato zonale, per diventare poi campione provinciale nel ’41 e aggiudicarsi il Torneo degli Assi nel ’42. Campione provinciale nel ’38 è Giovanni Gonetti (Dop. Provinciale), nel ’39 e nel ’40 Renato Bracchi (Dop. Paracchi), nel ’42 Gino Zamara (Venchi Unica).
Spiccano, in quel periodo, anche i nomi di Israel Schaffer e Gustavo Malvano, forti giocatori per corrispondenza; di Enrico Borroni, Corradino Mussino, Carlo Gavosto, Nicolò Di Stefano, Rodolfo Del Vivo, Giuseppe Cuttica, Alfredo Angiulli. Tutti ripetutamente nelle prime posizioni ai campionati provinciali, e vincitori di altri tornei locali. Nomi, alcuni dei quali ritroveremo attivi dopo il ’45, con la rinata Sst.
Nel 1939 il Dopolavoro Provinciale organizza il Torneo nazionale minore, una specie di campionato italiano di serie B. In pratica la prima manifestazione nazionale che si svolga a Torino dai tempi del famoso congresso del 1892. Vince il bolognese Mario Baldanello, futuro Maestro. Tra i giocatori locali, Mussino è quinto, Borroni settimo.
A partire dal ’38, il clima del Paese si era fatto ancora più opprimente, e anche gli scacchi ne ebbero a patire pesanti ripercussioni. Come ricorda Antonio Rosino nella sua preziosa “Storia”, nell’agosto di quell’anno l’Asi deliberò che “nessun rapporto ed attività con organizzazioni e giuocatori stranieri saranno riconosciuti ove non sia intervenuto il preventivo assenso dell’Asi”. In dicembre, in applicazione alle nuove leggi razziali, fu disposto che il “licenzino”, vale a dire la tessera agonistica che consentiva l’iscrizione ai tornei ufficiali di scacchi, “non sarà rilasciato 1. a persone di razza ebraica, 2. a persone di nazionalità straniera, eccetto i sudditi germanici in possesso della tessera dell’Ond”. L’anno seguente, giocandosi a Roma il campionato assoluto (fu l’ultima edizione prima della guerra, vinta da Mario Monticelli), scoppiò un diverbio fra l’ex campione d’Italia Antonio Sacconi e un gerarca del regime, nel corso del quale pare che quest’ultimo sia stato schiaffeggiato dal giocatore romano. Il pronto intervento dell’Ond portò all’espulsione di Sacconi dal consesso scacchistico, con divieto assoluto di prender parte a qualsivoglia manifestazione. Il Maestro Internazionale si rifece vincendo il Torneo magistrale di Roma nel ’46, ma fino ad allora dovette rassegnarsi a sette anni di inattività.
In piena guerra, il Dopolavoro Provinciale torinese riuscì ancora a organizzare un match che mancava da tanto tempo: un bell’incontro a squadre fra Torino e Milano. Si disputò a Torino, nella sede del Dopolavoro Tramvie Municipali, e in palio era una Coppa offerta dal Dopolavoro Cogne. L’esito fu sorprendente: Torino batté Milano per 5.5 punti a 2.5. Quasi un incantesimo che veniva spezzato. Sulle otto scacchiere, la squadra di casa schierò Borroni, Gonetti, Del Vivo, Kossovich, Ivaldi (sempre lui, l’avvocato Vittorio), Sales, Mussino e Angiulli. In prima scacchiera per i milanesi, e vittorioso su Borroni, giocava un giovane poi divenuto familiare agli scacchisti italiani degli ultimi cinquant’anni: Marco Bonfioli.
Era il 16 novembre 1941. Una piccola parentesi gioiosa nella catastrofe che premeva.

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